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20/03/2011 ARTICOLI  
Bruno Russo- [ OPINIONE ] LA BESTIALITA' ALLO SPECCHIO
Traendo spunto da recenti fatti di cronaca violenta nonchè da un recente libro sull’uomo che si abbrutisce nella società moderna, ho pensato alla necessità di ridare lustro alla dignità persa dell’umano: molti zombie, o anche semplicemente uomini alla deriva del proprio essere diventano apostoli del male, traghettatori di un carrettino malandato recante un lenzuolo, diventato logoro e lercio con le storie del mondo.
La sua bestialità si accresce nell’eterna lotta per la fame e la sopravvivenza, arrivando all’assassinio dei propri simili, per poi trascinarsi nel tempo il passato, e portare indenni i motivi del suo istinto deviato.
Il fascino che il male esercita sulla vita, è la chiave di lettura di molte storie come tramandatoci da Nietzche, ma anche da Kafka che affermava “ il male sa che c’è il bene, ma il bene non sa del male “: nel momento in cui per le brutalità della vita perdiamo il senso del giusto, il male si plasma lentamente senza chiedere permesso, attraversando una serie di porte e inquinando tutto il labirinto dell’intelletto. Alla fine sarà difficile riprendere il bandolo della matassa e capire, seppur da onesta posizione, cosa è realmente successo, e soprattutto come tornare indietro. Si ha allora paura di scoprirsi malfattori, e si resta arroccati alla pura compenetrazione del vittimismo, mentre il male ne approfitta sempre di più rendendoci deboli, al punto che alla fine l’unica sensazione positiva sarà il ricordo ancestrale come desiderio impetuoso di tornare nella propria grotta, nel momento in cui è iniziato il processo di abbrutimento che ci ha reso stracci più che corpi. L’analisi delle tenebre del nostro secolo, condiviso da mali oscuri e incertezze latenti, mi porta a rileggermi più volte il pensiero del novecento, per scoprire qualcosa che si è sottovalutato: in realtà invece il mancante è proprio il senso di tutto questo, perché il male non ha obiettivi concreti, se non il proprio perdurare fine a se stesso: l’intervento della capacità di riflessione dell’essere pone lo spartiacque, distinguendo in tale diaspora tra coloro che non smettono mai di lamentarsi e innocenti che si portano dietro le assenze e i mali dei propri avi, come unica affezione possibile, lasciando alla loro tristezza un pizzico di positività che viene dal riconoscere comunque l’esiguità dei propri limiti, per approcciare minimamente al senso migliore della vita che è quello cristiano, che riconosce i propri sacrifici come unica virtù.


Bruno Russo

Fonte: Bruno Russo
 

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