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19/07/2007 ARTICOLI  
Bruno Russo- LA SEMPLICITA' DELL'INFANZIA ( da 'Il ROMA' del 19/07/07 pag. 22 )
Molte diligenti parole vengono spese ogni anno per sensibilizzare le
persone a non abbandonare gli amici a quattro zampe sul ciglio delle
autostrade per l’estate, ma credo invano. Cherìe è la mia infanzia, un
bastardino che aveva tutta l'aria di essere l'alchimia tra uno qualunque e lo yorkshire. Aveva sul suo corpo tanti di quei nodi nei quali, come il
kapò di un cuscino d'altri tempi, si annidava l'immondizia raccolta lungo
la strada del porto. La sensibilità di qualcuno l'aveva riposto solo in un
luogo ad aspettare di incontrarmi. Ivi era posta una scogliera fantastica
dalla quale si lanciava verso l'infinito un tipico orizzonte arancione, che
cullava chiunque lo ammirasse sopra il blu di prussia del mare del Cilento.
Cherì uscì scodinzolando con quel mozzicone di coda, non appena ci vide,
per tentare la solita elemosina di cibo, visto che traspariva dalla sua
linea corporea una notevole indigenza alimentare. Al momento non avevo il
coraggio di avvicinarmi anche perchè la mamma non lo permetteva, dovetti
allora allontanrmi da quel cespuglio di nodi tra sprazzi di pelo beige
chiaro e scuro. Pensammo comunque di comprare un pochino di carne tritata
dal macellaio accanto e di metterla sopra un cartone riposto accanto alla
fontanina, mentre lui ci guardava operare come se stessimo facendo una
scultura d'autore. La voracità con la quale mangiò fu ovviamente da
guinness dei primati mentre, contemporaneamente, muoveva la coda di due centimetri con una vorticosità tale che sembrava potesse decollare da un momento all'altro.
Dopo il succulento spuntino, ebbe la flemma di accompagnarci fino a casa, nonostante che mia madre facesse di tutto per allontanarlo, sia per la sporcizia che portava che per il fatto che non avrebbe mai tollerato di adottare quel trovatello. Io facevo quei mille musetti di bimbo, guardando con aria triste Cherì che simulava una statua di sale quando mia madre gli diceva 'via! ' , poi iniziava ad azionare l'elica nel sederino, non appena lei zittiva: io di contro lo guardavo con l'aria di dire ' ti porterei con me per sempre '. Cherì restò tutta la notte accanto alla nostra casa di mare. La mattina non c'era più, ma lo ritrovammo il pomeriggio, al solito posto, quando replicammo la solita passeggiata : questa volta mia madre si guardò bene da dare altro cibo, convinta che fosse l'unico modo per non essere pedinati all’infinito; ma si sbagliava. Da quel giorno il mangiare non comparve, ma ogni volta che passavamo lui ci veniva incontro e poi ci accompagnava fino a casa.
Fu mia cugina, più grande di me, che si accorse che il suo corpo era pieno di zecche e che tra i nodi, si immergevano varie zecche iniettando le loro
mandibole spietate. Cherie fu portato da un veterinario della zona che lo
curò e lo fece guarire. Da quel momento ogni volta che lo incontravo sulla
strada del porto, Cherì mi veniva incontro scodinzolando con la sua miccia
pulita, pettinata e non più inviluppata su se stessa: io lo potevo così
accarezzare. vedendo le sue dolci pupille uscire spiritate dal palmo della
mia mano che ne invadeva il capo. Alla fine di quell'estate piansi il
giorno della partenza, perchè sapevo che non avrei visto più Cherie, un
amico che ha riempito di dolcezza tutti i miei caldi pomeriggi estivi di
un’infanzia come tante.

Bruno Russo.
Fonte: Bruno Russo
 

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