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Bruno Russo- MUSSOLINI E LE LEGGI RAZZIALI.
bNel momento in cui rinasce dai media una certa rivisitazione del novecento, soprattutto di quella parte che una certa cultura ha preferito non analizzare nel modo dovuto, registro con soddisfazione che da più parti si nega che Mussolini credesse nella approvazione delle leggi razziali che hanno caratterizzato quell'asintoto verticale, dal quale si è dipanata la discesa dell’uomo politico più importante del ventennio. Ho rilevato che il duce aveva collaborato con riviste dirette da ebrei, che aveva in Sorel un maestro ideale, che si era anche innamorato di una ebrea, Margherita Sarfatti, il che dovrebbe sigillare e chiudere un capitolo. Ma anche negli anni del potere egli tenne a bada gli antisemiti e cercò di avere dei buoni rapporti con la comunità ebraica italiana, cosa che non è stata certo facile ma che ha avuto degli ottimi risultati visto che pare che tra gli anni 32-35 molti ebrei siano partiti volontari per la campagna di Etipia; per non parlare di quei gerarchi che non erano cero schierati con gli antisemiti, come Balbo ed altri. Resta evidente che lo schierarsi dalla parte di Hitler, per quanto riguarda i provvedimenti razziali, fu la conseguenza di una politica decadente che agli italiani piaceva sempre di meno: la storia ci ha insegnato che la politica internazionale impone all'interno degli stati delle scelte che spesso non sono sentite e soprattutto non possono palesare in anticipo le tristi conseguenze che noi tutti conosciamo. Ma se si attua una attenta analisi della storia di questo popolo, soprattutto attraverso la letteratura Kafkiana che proveniva da quella parte europea scenario di queste vicende, ci si accorgerà che anche all'interno della comunità ebraica esistevano delle componenti che erano in antitesi tra loro. Proprio quella che reputava di essere una razza eletta, cosa che si sviluppò nello strapotere economico di quegli anni, ha tratto in inganno l'osservatore Benito che evidentemente gli ispirava una visione pericolosa ed intollerante che egli vedeva, a torto, come argine dell'espansione politica ed economica delle nazioni dell'asse. Mussolini ha commesso un errore che ha pagato pesantemente, ma non nell'oggettivazione delle concause che dovrebbero almeno aver scagionato la sua reale intenzionalità di perseguire un popolo intero che era innocente e che invece si è trovato ad essere colpito nella maniera in cui tutti sappiamo. Analizzare la storia non serve a scagionare dei dittatori o dei gerarchi ma almeno a conferire agli
studiosi quegli elementi necessari per capire se non l'ideale ma almeno l'uomo, che si sà, spesso fallisce proprio quando raggiunge livelli di apparente onnipotenza. Attraverso questa ricerca occorre rivedere tutta la storia dell’umanità che troppo spesso ha avuto a che vedere con le apoteosi di personaggi che una stessa opinione pubblica ha avuto l’interesse di portare al potere, per poi demonizzarli non appena questi iniziavano a ragionare di testa propria. L’indipendenza di molti apparenti dittatori si è misurata con la
necessità di doversi vendere a coloro che erano interessati per avere dei poteri personali. Ricade spesso con l'orologio della storia, la vicenda che avvolge personaggi e creatori, avvolti in una onda di tesi ed antitesi che spesso assomiglia ad una legenda. Il dittatore lascia il posto all'uomo che tra vendere la propria anima a chi lo ha portato al potere per accrescere i propri interessi, ed esercitare i propri ideali anche se discutibili preferisce la seconda via ma commette nell'istesso tempo l'errore imperdonabile. Non tutti coloro che Mussolini aveva intorno erano onesti; qualcuno si esercitava a fare le sue veci e qualcun altro voleva un fascismo all'americana. Lui ha preferito difendersi con un personaggio che non era italiano e che stava preparando in Europa una vera ecatombe storica.

Bruno Russo


 

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