Scarpe vertiginose, stivali appariscenti, soprabiti attillati. L'importante
è il materiale: fetish, un po' bon ton. Come la Deneuve "Bella di giorno"
ed i suoi celebri dècolletè.
Insomma futuribili, ultraborghesi o immancabilmente fetish; gli abiti e i
dettagli in vernice riconducono la memoria a stili diversissimi dalle mise
predilette dalle signore sofisticate e gli accessori delle scatenate
"moongirls"
dello stilista francese Andrè Courrèges: era il 1964 quando presentò la
celebre collezione "Età Spaziale".
Moda che ritorna alla grande è di nuovo l'ora di Barbarella (1968) eroina
nata dall'omonimo fumetto creato nel 1962 da Claude forest e portata sullo
schermo da una scintillante Jane Fonda, le cui mise avveneristiche,
accostate a lucenti stivali di vernice, hanno contato migliaia di
estimatrici.
E' ancora l'epoca di Julia Roberts irresistibile protagonista di Pretty
Woman (1990) che con le sue gonne vertiginose e gli stivali di vernice a
metà coscia fa perdere la testa e il cuore al miliardario triste Richard
Gere.
Con la chioma bionda raccolta in severi chignon Catherine interprete del
più grande successo di cassetta di Louis Bunuel, sfoggia un guardaroba
castigato (apparentemente), fatto di lunghezze al ginocchio e capottini
sartoriali Yves Saint Laurent, le scarpe dècolletè guarnite da grande
fibbia rettangolare in metallo opera del re della calzatura Roger Vivier.
Da allora questa calzatura si è trasformata in modello di punta della casa.
La vernice perciò è ritornata ad affascinare ancora una volta stilisti e
griffe del lusso. era successo nel 1995 dal geniale stilista texano Tom
Ford ex direttore artistico Gucci il quale aveva quasi tutto disegnato
l'intera collezione autunno-inverno con questo materiale.
Insomma una moda per l'inverno da far invidia alle lucide tute di Michelle
Pfeiffer, bellissima cattiva nel film Batman, Il ritorno del 1992.
In una società in cui i codici dell'abbigliamento sono inesistenti proporre
qualcosa di nuovo è difficile.
Tutto sembra ripetersi all'infinito.
Dagli anni del minimal chic di Prada ai tagli stretti e milzi di Slimane
per Dior grandi innovazioni di stile non ce sono. Alle ultime sfilate,
appena concluse di New York, Milano Parigi, non c'è che un aggiornamento,
nessun passo avanti. I grandi del passato hanno lasciato un immenso
patrimonio creativo difficile da rinnovare, senza citare anche
involontariamente.
Grande innovazioni ho notato nella ricerca di materiali più confortevoli e
pratici per la vita odierna.
L'abito è diventato un laboratorio dove sperimantare tecnologie e materiali
presi da Trekking, sci , scherma e palkestre sempre più inedite.E' il caso
di Ennio Capasa per Costum National con i naylon per le giacche a vento ha
fatto splendidi cappotti da sera. Si guarda allo sport ma l'obiettivo
finale non è creare abiti per donne-atlete. Tutt'altro ma trasferire
l'abilità il comfort, l'appeal, la dinamicità ed il movimento
dell'abbligliamento sportivo in quello quotidiano. Tale filosofia è
condivisa da quasi tutti gli stilisti italiani.
Tutte le collezioni raccontano tutte una storia già la messa in scena, la
colonna sonora della sfilata, le pettinature, tutti provocatori e poeti in
questo carrozzone che si chiama moda.
Il motore di tutto è la fantasia e il mercato reagisce di conseguenza. Se
non c'è non si ha cambiamento, nè moda.
Vince lo stile la personalità, i visi delle modelle stanno cambiando a
Parigi Londra New York: trasmettono coraggio e carttere, valorizzano anche
le rughe e difetti.
Le multinazionali cosmetiche preparano antidoti contro l'inflazione del
bello: inizia l'era dei testimonial esteticamente scorretti.
In Italia? Ancora no siamo fermi alle testimonial che oltreoceano sono
inesistenti, ci soffermiamo ancora ad ossevare le schedine dei nuovi
reality?
Beh, occorre muoversi in fretta occuparsi meno delle manie o del doping dei
politici ed osservare di più la gente vera che ha qualcosa da comunicare!
Paolo Bigoni
Fonte: Paolo Bigoni