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25/10/2008 ARTICOLI  
Bruno Russo-UN PRESEPE IN MENO ( da 'Il ROMA' del 09/10/08 PAG. 22 )
Non poteva scegliere momento diverso per lasciare questo mondo; l'artigiano per eccellenza, il re del presepe o meglio mastro Ferrigno, il quale dopo aver collazionato miniature di tanti personaggi utili e inutili che la politica italiana e la cronaca quotidiana ci ha regalato, non ha mai perso la rabbia creativa che viene incentivata da governanti distratti, rovinosi, comici , goffi, maldestri e inefficienti. Adesso le cose sono cambiate, la destra è un investimento per il futuro, ed egli se ne andato insieme all’ilarità che comanda; anche se di questa, nella sua bottega potrebbe ancora pullulare di personaggi come Obama, Putin, Veltroni, Di Pietro e altri che investono nella democrazia ma non si sa cosa hanno realmente in mente, perché le chiacchiere sono troppe.
Ma l’arte di un presepe è altra cosa: realizza cose che possono anche essere in piedi sul comò delle nostre case 360 giorni l’anno. Non è mai presto
parlare del Natale, da questo punto di vista, un po’ come si può essere
affascinati dal mare d’inverno, o dalle chiese d’estate; si resta sempre colpiti, passeggiando lungo i percorsi tipici, da quell’artigianalità dei vicoli storti che resta intatta, dal silenzio rumoroso che regna quando i presepi non ci sono ma la loro presenza sì.
L’assenza di un artista del genere, si può così sentire molto, come il niente poggiato sopra ad alcuni assi sui quali, solo alcuni mesi prima pullulavano le sue creazioni. Un maestro, al quale neanche l’ultimo presepe, quello che deve custodire i nostri ricordi per sempre, insieme ai nostri resti, è stato approntato come egli meritava. Dall'altezza della Chiesa di Santa Chiara risulta difficile descrivere con semplici parole quella marea di piccole botteghe che sembrano far parte di un dipinto abbandonato, anche perchè si finisce per essere sopraffatti dai pensieri, sì perché in inverno è tutto più triste, come lasciare che il presepe sia la rappresentazione delle miserie umane, accanto a quelle storiche con occhi di vetro. Un presepe come diceva De Filippo, deve essere l’immagine di un riconoscimento, un modo per risvegliarsi con il proprio figlio e chiedergli se quella costruzione gli piace; perché oggi abbiamo tutti bisogno di un premio ai nostri sforzi, che ricadono come scintille, come stelle cadenti che attraversano l’atmosfera, in valle di lacrime, venute fuori da mura domestiche abbandonate, dall’amore, dalla correttezza.
Accanto a quelle opere d'arte che la gente insegue come se fossero vere, ci sono delle opere d'arte vere, in carne ed ossa, alle quali i genitori rinunciano troppo presto, per paura di soffrire: la dolcezza di un rapporto tra un padre e un figlio, la sua indissolubilità, la sua potenza. Così per ricordare un maestro d’arte del novecento come Ferrigno, che ha dato alla luce tante componenti di una sacra quanto semplice capanna, preferisco ricordare che egli è soprattutto un padre come tanti, il cui messaggio frammentato in tanti piccoli sguardi di terracotta, è ancora valido nonostante tutto. La mia opinione è che un maestro come Ferrigno abbia lavorato soprattutto per comunicare l’importanza di un focolaio. La vigliaccheria di un mondo assente nelle sue responsabilità si accresce di ora in ora e, con la scusa che ormai va tutto nello stesso modo, arruola i cuori più insospettabili di modo che in futuro sarà difficile sempre di più distinguere tra bene e male. Io credo che il bene è ciò che farà in modo che una bambina che non ha potuto godersi il proprio padre, possa alzare gli occhi da terra ed abbandonare per un attimo il gioco o la lettura, per vedere che oltre le proprie dimensioni esiste un cielo che ci sovrasta e che rappresenta quel gigante buono che nell'infanzia ci prendeva tanto. Anche quando era ridotto in piccole dimensioni per trovare il suo posto, tra tanti giullari, accanto a Maria.

Bruno Russo

Fonte: Bruno Russo
 

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