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15/05/2007 ARTICOLI  
Bruno Russo- L'IMPORTANZA DI UN SORRISO ( da 'Il ROMA' del 06/04/07 PAG. 32 )
E' da tempo che sento frasi come 'quello non ci sta con la testa', 'è
schizzato'. Si definiscono così le azioni al di fuori del comportamento
normale. Ma quando ci si può definire normali? Significa stare al gioco
della realtà, fondata su regole strane, quando le stesse non sono capaci
di arrestare un solo focolare di sofferenza nel mondo? Una cosa è certa:
non si diventa pazzi dal giorno alla mattina, si deve prima passare
attraverso una profonda depressione che deriva, dall’essere formati in un
modo e vedere che poi ci si deve comportare diversamente. Si perde la
testa, perchè di fronte alla civiltà progredita, siamo disarmati di fronte
a delusioni, disastri naturali o malattie incurabili; pur restando
credenti. Molti impazziscono perchè la propria memoria centrale, come un
computer, pur dotata di enormi risorse non è in grado di gestire le
informazioni difficilmente collocabili. Così si perde, attraverso la
fiducia intesa come riproducibilità della propria sensibilità, la volontà
di comunicare; pur ponendo i filtri al dispiacere e arrovellandoci per
stabilire l'inghippo, la soluzione nascosta nei meandri massonici del
comportamento umano. Si arriva a cercare di giustificare tutto, sia da
parte di chi attua che di chi subisce, commettendo la più grave
ingiustizia. Il malato di mente vive allora un’esistenza senza luci, fermo
ad aspettare un qualcuno che non arriverà mai, spaziando le sue gestualità
in un labirinto che non ha uscite, in una realtà che non offre assistenza
perchè incapace di capire e di agire. Un'altra frase che sento è 'i pazzi
stanno fuori ed i sani dentro' : vuol dire che il confine tra un malato di
mente ed uno che si esaurisce per una vita inaccettabile è sempre più
sottile, anche perchè se non si accetta la sofferenza, la si trattiene
come un enorme segreto che diventa una bomba ad orologeria, con una forza
che è dolce presunzione, perchè rappresenta tutto quello che si ha e che
non deve essere condiviso per nessun motivo al mondo. Non so come si
risolve un tale problema così articolato, ma nessuno si permetta di dire
che il manicomio e il carcere sono simili, perché il primo è un cimitero e
il secondo è un luogo di rinascita. In carcere si inizia a pensare, perchè
per la prima volta stiamo a contatto con una sofferenza tangibile: la
privazione della libertà. In queste condizioni nascono sensazioni vere come
capire ciò che si poteva fuori; si sente per la prima volta il bisogno di
comunicare e per questo, talvolta, si può anche diventare scrittori e
giornalisti come alcune vicende insegnano. In un manicomio, si è solo
relegati a un altro ghetto dove manca la speranza. Invece di fiori di
sanremo regaliamo un sorriso sincero a chi soffre la sua alienazione in
silenzio, perché è l’unico farmaco utile: esso proviene dal mondo sano,
da chi vuole essere contento, perché crede che la felicità possa ancora
essere diritto inalienabile della nostra umanità.


Fonte: Bruno Russo
 

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