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19/04/2007 ARTICOLI  
Bruno Russo- IL ROSARIO DELL'ABBONDANZA ( da 'Il ROMA' del 19/04/07 pag. 13 )
Con 'il ritratto dell'abbondanza', di Gianfranco Gallo, Rosario Verde è il vero protagonista consolidato della scena al Teatro Bracco, con una commedia che potrà sembrare puramente comica solo ai più distratti. E' invece la profonda esamina della situazione di dignitosa povertà, nella quale vive tuttora gran parte del popolino partenopeo che deve fare ancora i conti con i pochi spiccioli e le trovate di sopravvivenza: non una introspettiva della coscienza che si ribella quando si interfaccia in una stessa famiglia una condizione di povertà e ricchezza; bensì l'azione di una natura tutta napoletana, fatta di amuleti, maghi alla radio e ritratti che ridono e piangono secondo il comportamento degli umani; un pò come un poemetto mitologico fatto di dei che nella loro violenza sugli uomini cercano di guidarli verso la strada giusta. Rosario Verde, insieme alla splendida Caterina De Sanctis, piena di vita che sprizza dalle sue gambe impuntate sulla scena ad ogni azione d'attacco, vive la sua condizione insieme ad un cognato ( Marco Lanzuise )che finge di essere stato un grande attore, fino a quando arriva il lascito testamentario del padre, portato non da un notaio qualunque ma da un notaio camorrista ( Enzo Arciello ).Quest'ultimo rappresenta la paternità malavitosa alla quale è soggetta ormai tutta una città, che sembra nello stesso tempo relegare il popolo alla rassegnazione e offrire anche un'insegnamento di vita che nasce dalla disperazione: è lo slancio del protagonista, di Rosario Verde, che deluso dal fatto di avere ricevuto come eredità un semplice ritratto del padre mafioso, al contrario delle ville e dei terreni donati al cognato, reagisce uscendo allo scoperto per urlare al quartiere la sua condizione di nudità che non cancella l'essere dignitosi. A questo punto succede il miracolo, perchè il ritratto del padre inizierà a lacrimare, consegnandoli il rispetto della gente che
si tramuterà in offerte di denaro che lo renderanno provvisoriamente ricco.
Senza svelare tutta la storia, occorre dire che le cose si controvertiranno ogni volta che uno dei due cognati non si renderà conto del valore reale dell'aiuto,dell'unione e della sincerità, che abbisogna in ogni nucleo sociale che cerca di costruire qualcosa ed alla fine sarà la parola 'famiglia' che trionferà; non un bisogno religioso o patriarcale alla luce dei tempi coevi ma la necessità di appartenenza, di essere l'uno la colonna dell'altro. Tutto ciò è oggi assente, ma rappresenta quel ritrattodell'abbondanza che è in ognuno di noi, altresi chiamato generosità. Il valore di questa commedia è accresciuto dall'essere calato proprio nellarealtà moderna con molti riferimenti fatti: oggi non esiste la diversitàtra chi sta male e chi sta bene, bensì la distanza tra chi sta bene poco echi sta bene molto, ovvero la mancanza del senso di misura. Ma è anche la malavita al centro della scena: non si può oggi dare il titolo 'don' a unmafioso, perchè oggi la tradizione che nasce dalla povertà dei tempiborbonici è soppiantata dalla tracotanza degli esperti del mondomultimediale e informatico che arruola molti delinquenti.
Consiglioveramente di andarlo a vedere con questo spirito. La regia è di
Gaetano Liguori, proprietario del Teatro Totò e del vivido laboratorio teatrale che lo contraddistingue. Si segnalano oltre alla brava e bella Caterina DeSanctis, Titta Troise , Rosario Minervini e Andrea Parisi. Un'ultima sottolineatura va alla esperienza crescente di Rosario Verde. Se c'è unacosa sbagliata nella critica artistica è misurare un comico con un suo grande predecessore; infatti Rosario è unico nel suo genere, una persona simpatica e semplice, che non dovrà mai essere paragonato a nessuno, se non, a un personaggio dei cartoni animati che gli rassomiglia con tenerezza; quel coyote di Hanna e Barbera che arrivato alla fine della scarpate cade sempre nel vuoto con un masso che lo insegue e con i suoi grossi occhi spalancati, con al centro due grosse pupille attonite perquello che gli accade: è l'umiltà dell'attore che presta il suo personaggio sfortunato per antonomasia, a rappresentare traslato una grande figura di teatro del reale, con professionalità e semplicità.

Bruno Russo
Fonte: Bruno Russo
 

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