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25/07/2006 ARTICOLI  
Achille della Ragione- PRINCIPE DEL SORRISO SI', ALTEZZA IMPERIALE DA OGGI NON PIU'.
Negli ultimi tempi le pagine dei quotidiani napoletani si sono infittite
di altalenanti notizie sulla casa natale di Totò che cambiava proprietario,
mettendo a repentaglio il destino di due anziani coniugi ultraottuagenari,
da decenni custodi fedeli ed a richiesta dispensatori di memorie sui primi
vagiti ed i primissimi anni dell’immortale attore. Si sono susseguiti
innumerevoli colpi di scena, quali la scoperta anagrafica, ottenuta
compulsando antichi archivi, che l’abitazione oggetto della diatriba, sita
in via Santa Maria Antesecula 109 nel popolare rione Sanità, non era forse
il vero luogo di nascita del principe della risata, bensì l’evento sarebbe
avvenuto nel palazzo adiacente, oppure che i nuovi proprietari, dopo un
sogno premonitore, erano intenzionati a farne un Vittoriale di rimembranze.
Tanto casino sui giornali ha dato come sempre l’occasione alle autorità
politiche di occupare la scena, imponendo tardivi vincoli di destinazione
alla povera casetta o blaterando vanamente sull’imminente apertura del
museo dedicato ad Antonio De Curtis nello storico palazzo dello Spagnolo.
Apertura della quale da anni si parla come prossima in comunicati stampa
diramati a gara ad ogni ricorrenza dal Comune e dalla Regione, ridondanti
di paroloni, ma vuoti come consuetudine di pragmatismo.
A tal proposito abbiamo voluto sapere come realmente sta la situazione
dalla viva voce della figlia dell’artista, la quale ci ha concesso
un’intervista:
“E’ tutta colpa di un cesso”, così ha esordito la signora Liliana in un
romanesco stretto e cacofonico lontano mille miglia dalle sonorità
onomatopeiche del nostro vernacolo.
“Un cesso?” “Certo, il museo si trova agli ultimi piani del palazzo ed è
perciò necessario un ascensore; a tale scopo ne ho fatto approntare la
tromba già da tempo, ma mentre i mesi e gli anni passano per le lungaggini
burocratiche un inquilino del palazzo ha deciso di costruirvi abusivamente
all’interno un cesso. Cose che capitano solo a Napoli”
“E’ fiduciosa nell’ inaugurazione autunnale?”
“Lo spero con i dovuti scongiuri e quando aprirà io sarò in prima fila
nell’organizzazione con seminari, dibattiti ed incontri con i giovani. Sarà
un museo molto vivo e Totò sarà contento”
“Si riuscirà a riempire tutti i locali?”
“Certamente c’è molto materiale, sarà anche ricostruita la stanza dove
nacque mio padre”
Da parte nostra speriamo che a ciò che metterà a disposizione la signora De
Curtis, si riuscirà ad aggiungere il contenuto di quel famoso baule , oggi
proprietà del figlio di un cugino dell’ attore, da poco scomparso, un certo
Federico Clemente. Il baule, conservato a Pollenatrocchia è ritenuto poco
meno di un reliquario, infatti la richiesta del proprietario è di 800
milioni delle vecchie lire, una cifra cospicua per la quale bisogna sperare
nell’intervento delle Istituzioni. Quando tutto sarà pronto il museo
costituirà un’attrazione molto forte per i napoletani e per i
forestieri,per cui si tratterà pur sempre di un buon investimento .
Questi episodi di attualità invitano a parlare di nuovo di Totò, una figura
ormai entrata di diritto nella leggenda, ma dopo i fiumi d’inchiostro
versati sull’argomento in decine di libri che hanno saturato da tempo le
scansie delle librerie degli appassionati, non è lecito scriverne ancora se
non si è in grado di aggiungere qualche novità. Ed è quello che ci
proponiamo di fare grazie all’amicizia che nutriamo da anni con un cugino
dell’indimenticabile attore: il maestro Federico De Curtis. Egli con
squisita gentilezza ci ha fornito una serie di notizie che, integrate da
alcune ricerche genealogiche, ci permette oggi di escludere categoricamente
la nobiltà tanto agognata da Totò, perché lo riscattava da un triste
passato di figlio di N.N.
Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Commneno Porfirogenito Gagliardi
de Curtis di Bisanzio, Altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del
Sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e d’Illiria,
principe di Costantinopoli, di Cilicia, di Tessaglia, di Ponto, di
Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte e duca di Drivasto e di
Durazzo, così amava definirsi il grande Totò, il quale pur di fregiarsi di
questi altisonanti titoli nobiliari spese una fortuna, ma senza rimpianti.
Questa sfilza di titoli, a cui tanto teneva il principe del sorriso non
furono altro che il frutto di un raggiro ad opera di un tal Pellicani,
esperto di araldica oggi ottantenne ma ancora attivo con studio a Roma e a
Milano.
Il primo a sentire puzza di bruciato e odore di truffa fu Indro Montanelli
e lo esplicitò in un suo articolo, ma all’epoca non vi erano le prove
inoppugnabili dello scartiloffio.
Oggi viceversa sono disponibili due ben distinti alberi genealogici, uno di
Totò e della sua famiglia e l’altro di un tal Camillo de Curtis, un
gentiluomo di settantanove anni, da anni residente a Caracas, legittimo
erede dei pomposi titoli nobiliari, assunti in epoca remota da un suo avo
tale Gaspare de Curtis.
Il Pellicani, che tra l’altro, come ci ha assicurato il colonnello Bellati,
è stato per un periodo ospite dello Stato…creò, secondo quanto riferitoci
dal tenore De Curtis, che da decenni s’interessa alla vicenda, documenti
dubbi, quali una sentenza del Tribunale di Avezzano emessa nel 1914, pochi
mesi prima che un cataclisma devastasse la città, distruggendo la
cittadella giudiziaria ed altre due sentenze, l’una del 1945, l’altra del
1946, del Tribunale di Napoli, oggi conservate all’Archivio di Stato,
completamente diverse nella grafia da tutte le altre carte contenute nel
faldone ed inoltre pare combinò artatamente le due discendenze carpendo
l’ingenuità del grande artista che, una volta riconosciuta la sua preclara
discendenza, fino alla morte amò distinguere la maschera, irriverente
scoppiettante e canzonatoria, dal Nobile, gentile, educato e distaccato
dagli eventi e dalle passioni. Pubblichiamo per la prima volta questi due
alberi genealogici, uno dei quali indagato fino al 1750 e dal loro esame è
incontrovertibile che il marchese Camillo de Curtis appartiene ad una
diversa schiatta.
Ciò che abbiamo riferito sulla base delle confidenze del maestro Federico,
non sposta naturalmente una virgola nella straripante venerazione con cui
legioni di estimatori ricordano il grande, inimitabile, immortale artista e
tra questi ai primi posti, teniamo a precisare a scanso di equivoci, sta il
sottoscritto, il quale ha rivisto ogni film di Totò non meno di quaranta
cinquanta volte ed è in grado di ripeterne a memoria qualsiasi battuta,
tutte le poesie e tutte le canzoni. Ma a proposito di canzoni, trovandoci,
vogliamo rendere pubbliche altre confidenze forniteci gentilmente dal
parente dell’attore, cugino di secondo grado, il quale, a riguardo
dell’indimenticabile canzone “Malafemmina” tiene a precisare che la stessa
fu dedicata alla moglie Diana, ancora oggi vivente e non a Silvana
Pampanini, che l’idea della melodia Totò la prese da una analoga canzone
dello zio, padre del maestro Federico, ed infine che a ritoccare musica e
parole misero mano il maestro Bonagura e Giacomo Rondinella. E per
terminare anche la famosa “Livella”si mormora fosse stata corretta…da Mario
Stefanile.
Concludiamo un articolo, apparentemente denigratorio, ma rispettoso della
verità storica con un inno all’arte di Totò, sublime nel senso più puro,
come inteso da Nietzsche, infatti il grande pensatore tedesco riteneva che
il sublime si raggiungesse soltanto quando la comicità della commedia si
congiungeva al dramma della tragedia.
E siamo inoltre certi che Totò dalla tomba se leggesse ciò che abbiamo
scritto saprebbe commentare le nostre parole, se non con un pernacchio,
almeno con un perentorio:”Ma ci facciano il piacere.”

Achille della Ragione - Napoli



Fonte: Achille della Ragione
 

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