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20/07/2011 ARTICOLI  
Bruno Russo- [ ATTUALITA' ] - LA STORIA DELLA SPAZZATURA ( da "Il Roma" del 14/07/2011 pag. 20 )
Passeggiando nella città dove più che in qualunque altro luogo, le cose belle si mischiano con quelle brutte, ci si accorge da subito che l’enfasi propria del napoletano idealizza entrambi, con un coefficiente di amplificazione non indifferente, e laddove le cose si incrudiscono, si rimette tutto nelle mani di San Gennaro, e non è poco.
La spazzatura è una di queste opulenze, e appartiene solo teoricamente alla cultura del rifiuto, perché è una dimostrazione del consumo e della trascuranza che nell’antichità era propria dei potenti peggiori, quelli che erano nobili non per sangue blu ma per sangue fatto scorrere. In tale ambito pochi reggenti e sindaci sono riusciti a fare qualcosa, e qualcuno pensò bene di eliminare lo sconcio erigendo nuovi quartieri e facendo abbattere molti palazzi fatiscenti che invitavano alla sporcizia e al degrado, come Nicola Amore nel 1888, anche se è strano che la letteratura al riguardo gli abbia lasciato poco spazio.
“ Un numero rilevantissimo di persone, in parte uomini di mezza età, in parte ancora ragazzi, quasi tutti straccioni , sono occupati a trasportare sugli asini la spazzatura fuori dalla città”. Nel 1787, l’hinterland verde divenne un orto: la verdura arrivava a Napoli e poi ritornava nella campagna in formato rifiuto, per accelerare lo sviluppo vegetativo, e nonostante la descrizione di Goethe, Napoli gli appariva una città pulita, più di Venezia, anche perché egli faceva il rapporto tra lo smaltimento e la quantità di popolazione, che dalle sue osservazioni appariva enorme. Oggi però qualcosa è cambiato, e forse è proprio lo sviluppo urbanistico e industriale della periferia, che ha impedito che uno la trattasse solo come immenso orto, ove caricare e scaricare, senza renitenza. Da una ricerca storica da me compiuta, risulta anche evidente che molte zone a ridosso di Melito, che erano ghiotte ai Normanni per fertilità e ricchezza naturale, finirono per essere da questi scavate in profondità per costruire dei collegamenti con le altre cittadine, adiacenti oggi, ma lontane allora. Molte di queste cavità sono usate oggi per lo smaltimento pirata di immondizia, che non annovera solo i resti della verza o dei cavoli, ma anche materiali chimici di grande pericolosità.
Quindi Napoli resta ancorata a se stessa, lontana dagli interessi di una sorta di feudalesimo che si è andato a diffondere in provincia ma le cui conseguenze si vedono anche oggi: nel mancato rapporto sinergico con la zona che circonda Napoli, si erge gran parte degli sbagli commessi dalla politica per sanare la situazione degrado e sporcizia.
Sentire quindi dai media, che il problema staziona sotto i nostri occhi fin dall'antichità è una giustificazione pericolosa, se riferita al dna di un popolo che invece si è rinnovato in molti campi con la sua forza e con il suo talento, ma non ha trovato chi sapeva tirare fuori l'asso di bastoni, e agire con efficacia: definire costanti gli usi e i costumi negativi , cela la non accettazione dei forti cambiamenti che ci sono stati, ma hanno sempre sconvolto la vita di qualcuno.
In molti sacchetti, si cela l’ossatura spolpata di un territorio che poteva essere la nostra ricchezza.


BRUNO RUSSO

Fonte: Bruno Russo
 

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