La cappella recentemente restaurata di Villa Vannucchi a S. Giorgio a Cremano , costituirà il 12 Giugno la suggestiva cornice in cui l’associazione ILLO TEMPORE, PIGALLE - Il vestito dell’anima, presenterà per ARS MUSICA ET MODUS Roberto Azzurro come attore e regista in “L’arte di essere povero”, insieme ad Antonio Agerola e Marco Sgamato. Il titolo si riferisce ad una pubblicazione parigina del conte Boniface de Castellane del 1925, uomo ritenuto tra i più eleganti del suo tempo, contenente una serie di memorie dell’autore dopo il suo rovinoso divorzio dall’ereditiera americana Anna Gould.
In dieci anni di matrimonio, Boniface aveva usufruito delle finanze della consorte per accumulo del lusso, in formato cavalli, castelli e oggetti di antiquariato, compresa l’edificazione del “Palais Rose”, sede naturale delle sue feste famose che segnarono la Belle Epoque. Una propensione naturale e lucida al bello e al collezionismo, che non gli fece disdegnare il ruolo di deputato alla Camera, in un momento in cui i problemi del colonialismo si preparavano ad entrare nel fuoco della Prima Guerra Mondiale.
L’autore metterà assieme varie idee anticonformiste su cultura, politica e economia, con particolare riguardo al problema dell’educazione giovanile. Lo farà ripercorrendo esperienze e incontri di vita quasi spensierata e brillante, con personaggi come D’Annunzio e Sarah Bernhardt, e riflettendo sulla realtà che se nascere ricchi può essere una fortuna, l’arte nasce solo dall’essere poveri: quando il desiderio si placa perché finisce la sostanza che lo rende possibile, la verità prende piede e fa cadere maschere e merletti, come un sipario che chiude poetica e dolori di un periodo. Da qui le immagini tratte dal buio, ove in abito da sera ineccepibile compare la figura del “viveur” protagonista, con due valletti, che sceneggeranno avvenimenti caratteristici del racconto-confessione di Boniface.
E’ proprio l’atmosfera soffusa, la maestria con la quale il valentissimo Roberto Azzurro accomoda il pubblico nell’intimità di un cabaret quasi mistico, sicuramente intimistico, permettendo di ammirare uno spettacolo anni ’20, che attiva la valenza della mimica del cinema muto, con la raffigurazione della miseria post bellica e a cavallo tra due secoli, che spinge a nuove ricostruzioni. Sul tutto si erge la raffigurazione della dignità del povero, unica risorsa creativa possibile, soprattutto quando è indigenza sopravvenuta dopo un periodo di agi; per sottolineare che la dignità è una risorsa per riemergere lentamente con eleganza innata e sempre disponibile. Traspare insomma un concetto di vita di altri tempi, ove non solo il concetto di bellezza si eleva a sistema di vita, ma resiste anche alla rovina, nella ricca potenzialità del proprio animo, che diventa irreprensibile arte.
Lo spettacolo è prodotto da Nuovo Teatro Nuovo, con elaborazioni musicali di Peppe Sgamato, assistente alla regia Cosimo Sinforini, illustrazioni di Angelo Ruta, grafica di Luca Mercogliano, fotografia di scena di Andrea Falasconi.
BRUNO RUSSO
Fonte: Bruno Russo