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21/04/2011 ARTICOLI  
Bruno Russo- [ CULTURA ] LE SCUDERIE DA ADRIANO A TEODOSIO
Una visita capitolina inaugurata un anno fa circa, ma che è assolutamente da non perdere per il futuro, riguarda le scuderie romane del Quirinale, per godersi veri gioielli consistenti in reperti antichi raccolti secondo la scala temporale che va da domiziano a Teodosio, passando per Adriano, Traiano e Costantino.
L’evento si è collocato all’interno di una rassegna pittorica dal titolo “ Roma. La pittura di un Impero”. Non ci sono quindi solo affreschi, ma dipinti su legno, su stoffe preziose, sul lino o sul vetro, e tanti ritratti che per impostazione, colore e prospettiva richiamano molto quelli pompeiani.
La prima impressione che se ne trae e che trova concordi preparatori, addetti ai lavori e critica, è che le immagini proposte, pur contenendo elementi che non sono certo affini alla quiete e alla distensione, sono inseriti in una ottica pittorica di sfumature, colori tenui e tratti molto esili, che alla fine conferiscono un assieme rilassante all’occhio anche meno esperto.
La mostra inaugurale venne curata da Eugenio La Rocca, con Serena Ensoli, Massimiliano Papini e Stefano Tortorella, gli allestimenti furono di Luca Ronconi e Margherita Palli. Le scuderie ospitanti non potevano meglio festeggiare i primi dieci anni della loro esistenza, anche perché la mostra non è stata una rievocazione procacciatrice di sensazioni già ricevute, bensì un modo esilarante di verificare quanto gli antichi romani fossero nella pittura, attenti a raffigurare la socialità, cosa che non appartiene alla tradizione ellenica, ma alla romana di tardo impero, che vedeva maturare temi originari che appartenevano ad autori non propriamente di rango elevato.
A ciò si aggiunge la mancanza di una concezione precisa della tecnica prospettiva, che non manteneva le leggi di proporzionalità negli ambienti in cui venivano mostrati oggetti, personaggi e suppellettili varie. Una cosa del genere se non fosse composta in maniera geniale non attecchirebbe facilmente l’occhio umano, che si vedrebbe perso in una tecnica avanzata o ancor di più proveniente da una volontà distorta.
I soggetti delle opere invece sono mischiati: romani , greci , altri esemplari provenienti dalla mitologia generica. Non mancano poi le nature morti o le composizioni erotiche che senza dubbio posseggono un fascino particolare.
Non parliamo poi dei raffreschi su lino e cera fusa provenienti dall’Egitto, medie composizioni di inusitata fattura che venivano spesso applicate sulla mummia come maschera, sempre nell’intento però di rappresentare nel morto la seconda vita verso la quale si è momentaneamente proiettato, restituendo alla terra solo la sua immagine materiale.
Ancora una volta la tradizione egiziana viene rieditata da quella romana, che a tutti gli effetti volle annetterne il territorio, gli usi e i benefici. La rassegna è un vero e proprio viaggio nel tempo, dal V secolo dopo Cristo al I secolo avanti Cristo: è la natura che ne esce vincente, un modo diverso di essere rappresentata che non è servile ma sembra costituire il completamento degli elementi stessi che creano il contorno del raffresco, come uno dei personaggi principali immortalati in un loro antico movimento. Moto che proprio per la scelta e tipologia di colori, nei quali prevalgono le tonalità pastello, il rosso pompeiano e i tratti tenui, viene fuori nella sua singolarità.
L’irregolarità per niente scomposta è assemblata con una maestria talmente atipica, puntuale e professionale, da conferire a tali affreschi quel senso di mistero che caratterizza molto l’arte pittorica imperiale.
Una citazione a parte riguarda le nature morte, che nell’antichità erano chiamate xenia, ben diverse da quelle che sono venute nei secoli successivi: esse non cercano di essere reali, ma rappresentative di una natura che è protagonista del sogno e fornisce i suoi prodotti per niente definibili “morti”, proprio perché non sono la fotografia statica di elementi raccolti, ma l’incanto della bellezza di un frutto che la natura affianca, nella sua stretta correlazione.
La produzione pittorica romana finsce così per essere altamente immediata e autentica, che aiuta a comprendere diversamente una società a noi molto legata. Possiamo dire che tutte le tecniche adoperate nelle epoche successive sono di derivazione romana, anche se nel tempo hanno perso la vena nascosta di mistero per dare luogo alla rappresentazione di un quandro realistico, specialmente quando ci si è avvicinati all’avvento dell’era fotografica.
Ricordare iniziative del genere serve anche a porre l'attenzione del visitatore, sulla possibilità di rieditare un evento che anche dopo un anno dovrebbe essere ripetuto per l'importanza dei soggetti e per l'incipit alla riflessione artistica autentica che essi adducono.


BRUNO RUSSO

Fonte: Bruno Russo
 

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