Un fenomeno interessante che riguarda le imperanti riforme scolastiche che hanno fatto tanto clamore dalle nostre parti, è il modo di vedere il problema nella nostra confinante Francia, che in questi giorni fa tanto parlare di se per altri motivi.
La scuola francese è stata la prima ad avere voglia di cambiamento, e di questo non ce ne meravigliamo, essendo una nazione permeata dalla forte laicizzazione e dai problemi dell’integrazione multietnica, che imporrebbero un rapporto corretto, una buona educazione, nonchè la corretta relazione con il prossimo, che in realtà è proprio l’aspetto più che dolente della generazione attuale.
Il comportamento degli allievi francesi risulta logorroico nella sua negatività e mancanza di riferimenti precisi, da far perdere la pazienza al più motivato e preparato docente, a meno di eliminare misure e confronti intellettivi, lo scontro con gli allievi e, naturalmente, la crescita culturale. Freud sottolineava che nella scuola, qualsiasi insegnamento soprattutto comportamentale, viene visto con sospetto e rifiuto dai giovani, che per indole e amore eccessivo per la libertà, si ritrovano sempre all’opposizione di ogni concetto.
Occorrerebbe creare la quiete intorno alla creatività dei ragazzi, evitando di imporre o consigliare schemi e regole, e richiedere la mancante collaborazione con il corpo genitoriale. La Francia non è distante anni luce dalla realtà nostrana, anche se dovrebbe godere di maggior apertura mentale e intellettuale che le proviene dai proventi idealistici della rivoluzione francese.
Da quelle parti invece , l’egalitè e la fraternitè sono diventate imposizioni, costumanze pretestuose che alla fine dividono, come accade oggi impedendo alle donne islamiche di portare il velo in classe. Non credo sia un gesto di allineamento ai costumi nazionali, ma il tentativo anticlericale e protezionistico di resettare usi e costumi tra le mura scolastiche. In Francia in sintesi, il cambiamento è ostacolato non dalla politica, ma dall’errato uso dei canoni comportamentali che interessano un sociale ambiguo, sicuramente meno critico del nostro.
Bruno Russo
Fonte: Bruno Russo