Gino Rivieccio con una Corinne Clery sempre elegante di stile e presenza, sbanca la capacità di risata del pubblico del Diana con “Il padre della sposa”, di Carolyn Franche e adattamento di Gustavo Verde e Mario Scaletta, con la partecipazione di Milly Falsino e la regia di Marco Parodi; un adattamento teatrale dell’omonimo film del 1950 di Vincente Minelli che narra l’esilarante storia del classico padre morbosamente legato alla figlia “femmina”, che di fronte all’appuntamento con l’abito bianco andrà inevitabilmente in crisi. La figlia Katy, dopo un anno di studi in Europa, torna in famiglia fidanzata con un rampollo agiato di nome Manfredi. Gino Rivieccio, il padre, avvocato penalista, prenderà la notizia come un tonfo di un masso sul cuore, mentre per la madre la reazione sarà profondamente diversa; si intreccerà una esilarante saga di avvenimenti, tra sincerità, malinconia, e gelosia in salsa comica: alla fine prevarrà per Katy la generosità, volta a non rispiarmarle nulla, anche se al momento della luna di miele, il padre le penserà tutte pur di non perderla.
Gino Rivieccio ha indossato due anime contrapposte in maniera egregia, quella del padre geloso che non sopporta l’idea di condividere la propria figlia con chicchessia, e quella luccicante, avvolta da un alone di dolce umanità che si lascia lentamente coinvolgere dalla primaria necessità, che chi ama veramente una figlia vuole che un giorno speciale, unico nella vita, lo sa sul serio, e non solo per il luccichio di calici fini e argenti variegatamente donati, quanto soprattutto per la capacità di trasformare il sacrificio della consegna della dedizione paterna al futuro tenebroso, in un altruistico soddisfacimento al costo di un sorriso. Proprio per tali requisiti, la bravura di Gino e la dolcezza di Corinne sono stati calati su misura sullo spettacolo, affiancati da una dinamica e frizzante Selene Gandini, che esordì anni fa con Centovetrine, e che ora interpreta la figlia Katy; nonchè Andrea Vellotti che indossa i panni dello sposo, l’incomodo umano che si inframezza nella pace idilliaca tra padre e figlia; mentre Salvatore Esposito interpreta Frank, artista della cerimonia e disegnatore di molti momenti capacitivi di colore. Terminano la passerella tra gli applausi, i consuoceri Renato Cortesi in arte Rinaldo e Milly Falsini ovvero Costanza, un binomio che realizza alla perfezione l’amplificazione con ironia di un ruolo a volte scomodo e antipatico.
La vera regina però è lei, Corinne Clery, perché dirige con maestria il compito di saper sapientemente smorzare ogni pena del marito, con la sagace capacità di fare da contrappeso ad un cruccio con scaltrezza mista a sensibilità. Gino Rivieccio è un grande interprete del teatro napoletano; egli ricorderà il suo primo “Teatro nel garage” degli anni ’70, il punto di partenza di una verve interpretativa che ha infuso incoraggiamenti a catena fino ad approdare al ruolo indelebile della commedia di razza., che al Diana si esprimerà fino al 17 di Aprile, con la straordinaria componente musicale d’eccezione delle musiche di Peppino di Capri, colonna sonora dei sentimenti che si interfacciano come il mare a tanti scogli per niente levigati.
E’ così vero che per avere realmente le persone abbisogna perderle un poco? L’ho chiesto a Gino che ha dolcemente risposto con un’altra frase che è congruente alla prima, e che esprime quanto in reeltà è l’amore vero che abbrevia le distanze fisiche: “ ci si può camminare in due parti diverse del mondo, tenendosi per mano “.
Bruno Russo
Fonte: Bruno Russo