WebMail

20 Aprile 2024 - 12:42

home articoli cultura giornali contattaci guestbook links ultimissime
Google
Bruno Russo- [ EVENTI ] VOLA E VA ( da "Il ROMA" del 26/02/2011 pag. 11 )
VOLA E VA’ CON GAETANO CERRITO Gaetano Cerrito è il guidatore di una macchina speciale, che corre sulle strade a percorrenza limitata che conducono a...
[ EVENTI ] QUANDO LA POESIA E’INCONTRO DI CULTURA E SOLIDARIETA’ ( da "Il ROMA" DEL 12/01/2011 pag. 12 ).
Cosa c’entra la poesia e le nuvole, con un condimento particolare come l’aglio? Ce l’ha spiegato il poeta italo-argentino Carlos Sanchez, condividendo...
Bruno Russo- [ EVENTI ] I MIEI PRIMI 40 ANNI ( da "il ROMA" del 12/01/2011 pag. 23 )
Napoli sta cambiando, almeno in questo: sta presentando una cultura del ritrovo giovanile, che considerati i coprifuochi di varie zone della collina ...
30/10/2010 ARTICOLI  
Bruno Russo- [ SPORT ] LEI STA LA'
In una recente chiacchierata con un cultore e praticante dell’ alpinismo professionista, mi sono reso conto che ciò che molti considerano sport estremi, non sono altro che l’estremizzazione di una pratica già affermata che solo nell’ipotesi di una mancanza di competenza, conoscenza e attenzione, genera il pericolo estremo giocando con la propria vita e le sensazioni al suo limite. Il resto è solo cultura, rispetto e amore per la natura e le sue espressioni. La vicenda stessa di Pietro Taricone, ha creato giustificati clamori e timori per la sua notorietà e affezione tra i beniamini del Grande Fratello, senza spingere a verificare in una manovra corretta di atterraggio con paracadute, che i piccoli movimenti del corpo fino a 100 metri devono essere precisi al millimetro per evitare spin contrari che possono aumentare notevolmente la velocità di caduta senza possibilità di ripresa. L’alpinismo una cosa simile perché a differenza di scendere là si sale, e l’insegnamento di un grande maestro inglese come George Mallory è necessario per evitare che proprie interpretazioni della difficoltà possano introdurre l’errore irreparabile. Proprio Mallory interrogato sul perché si arriva ad amare la montagna da conquistarla in tutti i modi e a tutti i costi, è perché “lei sta là”, ti guarda senza sorridere ma neanche piangere, non si muove per niente e aspetta puntuale ogni tuo appuntamento guardando il cielo. Già da tempo per Ciro si parla di “morte del chiodo” come il titolo di un noto libro, che in luogo dell’alpinismo tradizionale, che permette di raggiungere vette incredibili con mezzi propri o tradizionali e nel caso di rinunciarvi, antepone mezzi moderni che hanno molta precisione ma poca cultura, distruggendo il muro nel momento stesso in cui ci si attacca alla parete: sono i cosiddetti “spit” ovvero chiodi con una staffa all’estremità che lacerano più che bucare la montagna per l’appoggio. L’esperienza di Ciro Balzano verte sia sull’escursionismo che sull’alpinismo da roccia, tra cui le salite al Gran Sasso, alla Maiella, al Matese, mentre sulle Alpi e le Dolomiti sono annoverabili il gruppo del Cristallo, le Dolomiti di Sesto, il Catinaccio e non ultime, le salite nel gruppo del Karwendel delle Alpi Bavaresi. Ogni montagna ha il suo percorso obbligato, come per il Gruppo Sella il Pizzo Ciavazes per la via della rampa o Del Torso oppure la prima e la seconda Torre del Sella; come per il gruppo Fanis il Piccolo Lagazuoi per la cosiddetta Via delle Guide; come per la Marmolada la Punta Penia per il ghiacciaio e per la cresta sud-ovest; come per il Catinaccio la Torre Stabeler o Torri del Vajolet, o la Roda del Diavolo, o la Torre Finestra o la Cima del Catinaccio; come per finire per il Gruppo Cadini di Misurina la Torre Wrundt per la via Mazzorama. A queste vanno aggiunte le salite sul Gran Sasso, sulla Via Moriggia-Acitelli sul Corno Grande, e in Abruzzo come i canali sul versante di nord-est della Meta e dintorni. Sembrano dettagli geografici e invece sono preziose informazioni logistiche, determinanti se si sale in condizioni meteorologiche critiche che richiedono preparazione non solo fisica. Proprio l’esempio di un pioniere come Mallory, che scomparve l’8 Giugno del 1924 mentre si trovava con Andrew Irvine a 240 m dalla cima dell’Everest, senza lasciare prova di aver raggiunto la vetta sperata, e infondendo maggior mistero a tale capitolo della storia dell’alpinismo, induce Balzano a ricordare che nell’alpinismo come nella vita, una semplice bufera di neve può inghiottire anche gli uomini più coraggiosi e preparati, perché è l’imprevisto e non il limite estremo, il vero pericolo da sconfiggere, con la prudenza, l’allenamento e la conoscenza.


BRUNO RUSSO
Fonte: BRUNO RUSSO
 

Torna alle news della categoria "ARTICOLI"
Torna alla pagina delle news

Sito Online di Euweb