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20/05/2010 ARTIC OLI  
Achille della Ragione- DA 15000 ANNI IL MIGLIOR AMICO DELL'UOMO
(1° puntata)
Ad Attila, il mio poderoso compagno ed a Lady, Athos e Porthos, che vivono per sempre nel mio cuore

Tra l’uomo ed il cane da 15.000 anni esiste un’amicizia indissolubile, un patto di alleanza non scritto, un dare ed avere disinteressato, un rapporto tra specie diverse che non ha eguali nel mondo animale.
Il cane alcune volte è utile all’uomo: per la guardia, la caccia, l’accompagnamento, la compagnia ecc. e per queste specifiche funzioni è stato da tempo selezionato, allo scopo di esaltare alcune sue doti naturali, né si può affermare che l’uomo non sia necessario per il cane, nel dargli cibo, riparo ed affetto; ma sempre alla base di questo ineguagliabile sodalizio vi è la disponibilità, la comprensione, la fiducia, il disinteresse che pongono in un piano secondario il beneficio reciproco.
Possiamo collocare a circa 15.000 anni fa il momento in cui alcuni lupi più mansueti hanno lasciato il branco e modificando le loro abitudini aggressive hanno cominciato a vivere assieme agli uomini.
La conferma di questo stretto rapporto di affetto possiamo constatarlo nel rinvenimento di scheletri di cani accanto a quello dei padroni, molto prima che nelle sontuose dimore funerarie egiziane o nei tumuli etruschi, nelle più antiche grotte preistoriche o nei kurgan dove venivano conservati i corpi dei popoli nomadi delle steppe.
Gli etologi hanno identificato le razze più antiche dalle quali derivano per selezione ed adattamento quelle odierne. Esse furono in Cina lo shar-pei, in Africa il basenti, nelle regioni artiche il malamute, in Australia il dingo, mentre il levriero persiano è considerato l’antenato di tutti i cani da caccia.
Attraverso il lavoro di ignoti artisti sono giunte a noi immagini di razze oramai estinte, che erano le predilette di Egiziani e Greci o di popoli orientali, mentre in ogni epoca sono numerosissime le testimonianze di pittori e scultori che ci permetteranno di compiere un lungo viaggio ad esplorare il legame tra l’uomo ed il cane, compagno fidato, non solo degli umili, ma anche di re ed imperatori, di nobili e mercanti, che trascorrevano ore serene di svago, al riparo dei pressanti impegni quotidiani.
Faranno eco alle testimonianze artistiche i brani della letteratura, anche essi densi di esaltazione per l’amico a quattro zampe, senza dimenticare alcuni lati oscuri legati alla remota origine dal lupo, narrati nelle leggende dei licantropi o nel temuto Cerbero(fig. 1), il mostruoso essere con tre teste, che la mitologia greca pone a custode degli Inferi e che Dante ha reso celebre nei versi della Divina Commedia.
Poesia e prosa sono in grado di descrivere la relazione tra cane ed uomo diluita nel tempo e nello spazio, come nel famoso caso di Argo ed Ulisse(fig. 2), mentre le arti figurative debbono necessariamente fermare un’immagine, anche se significativa. Avremo perciò un susseguirsi di carezze, ma anche di mute presenze, ai piedi del padrone o alla base di monumenti funerari, a simboleggiare una fedeltà che sa sfidare il tempo, preservandosi dopo la morte.
Questa interessante carrellata tra i documenti visivi lasciatici dalla più remota antichità ai nostri giorni, ci permette, oltre che osservare specie oramai estinte, di valutare soprattutto la dinamica del cane nella società: dalla pastorizia fino alle dimore degli aristocratici, dalle cacce primitive alle battute dei regnanti, fino ai successi planetari che mezzi di informazione di massa quali, cinema, fumetti e televisione hanno consacrato personaggi amati da grandi e piccini come Pluto(fig. 3), Lassie, Rin tin tin ed i vivaci cuccioli di dalmata della Carica dei 101, mentre anche la pubblicità preferiva servirsi di un cane a sei zampe(fig. 4)
Nonostante una diffusione ubiquitaria in alcune culture la figura del cane non è tenuta in grande considerazione, anzi da ebrei e mussulmani è ritenuto un animale impuro e l’appellativo cane costituisce un’offesa tra le più gravi.
In Cina ancora oggi la sua carne viene mangiata non solo per estrema necessità, ma esistono addirittura degli allevamenti per soddisfare dei gusti culinari per noi aberranti.
Nell’arte occidentale invece la rappresentazione del cane raggiunge vette di poesia nel pennello di sommi artisti, che ne scandiscono le sue tappe fondamentali: prima utilizzato per la caccia e la custodia della casa, quindi nella civiltà urbana, compagno di vita e conforto nella solitudine, anche di personaggi illustri abituati a comandare ed a vivere in mezzo alla folla.
Sulle case romane dei ricchi troneggiava una scritta”cave canem”(fig. 5) per intimorire i malintenzionati, ancora molto diffusa e spesso il guardiano era tenuto alla catena, per esaltarne l’aggressività. Una barriera odiosa, quasi mai necessaria, spesso associata a robusti collari, antenata di altri tristi simboli di schiavitù: guinzagli e museruole, che intristiscono l’animale e minano alla base il sincero rapporto con l’uomo. E catene irte di punte portavano i gagliardi mastini napoletani(fig. 6), che i Romani utilizzavano, in gruppi di 4 o 5 per catturare gli stessi leoni.
Appena libero da questi opprimenti vincoli alla sua libertà, il cane è felice e guizzante, pronto a muoversi ed a scattare, un’immagine di mirabile dinamismo che il sommo Dante seppe immortalare in un solo verso:”veltri che uscisser di catena”(fig. 7).
Come in tutti i legami affettuosi anche quello tra l’uomo ed il cane ha i suoi momenti di cedimento, che si manifestano, da un lato nella vergognosa piaga degli abbandoni estivi e dall’altro dai rari casi, nei quali esemplari particolarmente aggressivi si avventano su innocenti malcapitati, eccezionalmente anche su familiari o bambini.
La selezione sulle razze ha dato luogo ad esemplari di varie dimensioni e con caratteristiche ben definite, permettendo ad ogni padrone di scegliere quella più adatta alle sue esigenze.
Il frutto di questo straordinario esperimento genetico, realizzato in 15 millenni di incroci è racchiuso in circa 70 centimetri. Essi rappresentano la distanza che separa l’altezza al garrese del Chihuahua(fig.8)(mediamente 20 centimetri), il più piccolo del pianeta, da quella dell’irish wolfhound(fig. 9), il più grande che può arrivare a 90 centimetri; in mezzo oltre 300 razze derivate da un’unica specie: il lupo grigio. Il genoma canino, la cui mappatura è stata completata nel 2005, possiede alcuni geni correlati alle dimensioni, la cui recente scoperta può portare in breve a creare esemplari microscopici.
Il poter scegliere la razza più adatta alle proprie esigenze ha ulteriormente rafforzato la possibilità di creare un rapporto affettivo: il cacciatore può affidarsi ad un cane dal fiuto prodigioso, alla pari del poliziotto che può contare su un insostituibile alleato per scovare la droga, la signora sofisticata può tranquillamente seguire la moda con un cagnolino formato mini, per la guardia personale o per l’abitazione dà fiducia la stazza di un rottweiler(fig. 10) o di un alano, mentre dominano ancora la scena milioni di bastardini con la loro prorompente carica di furbizia e con l’immutata capacità di affezionarsi perdutamente e di comprendere i sentimenti dell’uomo
Achille della Ragione



Fonte: Achille della Ragione
 

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