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16/05/2010 ARTIC OLI  
Bruno Russo- IL CIMITERO DELLE 366 FOSSE ( da "Il ROMA" del 16/05/2010 pag. 26 )
Tra l’ampolla benefica che riporta liquido il sangue del nostro martire, e la rivelazione dei segreti contenuti nel messaggio della Madonna di Fatima, i miracoli non minori restano, nella nostra crescente ignoranza, grandi opere di misericordia realizzate nella seconda metà del settecento, secolo di arretratezza e privazioni, ma solo materiali, da Ferdinando Fuga su richiesta del grande Carlo III di Borbone. Se mettiamo da parte per un attimo l’Albergo dei Poveri e i Granili, che qualcuno già dovrebbe conoscere e sapere cosa ospitavano ieri e cosa ospitano oggi, la misericordia e la magnanimità del Borbone arrivò a concepire persino un cimitero per indigenti, per coloro che non si potevano permettere una sepoltura degna. Tale fu l’opera di ingegneria e perfezione unica nel suo genere, perché raccordava tra loro figure geometriche e architettoniche semplici e complesse nello stesso tempo, essendo il susseguirsi di 366 fosse disposte a griglia, rappresentativo dei singoli giorni dell’anno, che sembrano scandire, nel silenzio della collina di Poggioreale che non inganna, il susseguirsi del tempo e la sua irreversibile potenza. Oggi è difficile edificare e restaurare per mille motivi futili, ieri si volle realizzare una impresa architettonica di grande misericordia nella zona più impervia e paludosa di Napoli, ignorata poi nel tempo a noi più vicino, ritenendola una squallida ghettizzazione di massa, mentre era una alternativa per chi non aveva neanche gli occhi per piangere in vita, figurarsi dopo. Una problematica del genere oggi si sarebbe risolta in modo assai diverso, e pensare alle tasse che la vecchia amministrazione ha imposto per chi deve passare l’ultimo cancello, viene da rabbrividire più dello stesso fatto in sé. Molti non sanno che allora, le salme dei poveri, venivano a colmare le enormi fosse disposte sotto l’Ospedale degli Incurabili, o in fosse comuni disposte ai confini della città o nelle immediate periferie. Nella struttura volute da Carlo di Borbone invece, per ogni fossa esisteva anche una pietra tombale numerata, nel contesto di una struttura generale di perfetta geometria, che se per qualcuno significava il “lager delle anime indigenti” per altri era e continua ad essere l’unico miracolo architettonico destinato alla gente povera che sia mai esistito, lineare e geometrico proprio per sottolineare il principio di eguaglianza che solo in povertà si può realizzare e valorizzare. Un monarca capace di concepire ciò non deve essere ignorato, a dimostrazione che c’era un tempo in cui nobile era colui che aveva realmente l’anima piegata al prossimo e i mezzi necessari per disporre potere e ricchezze, per la dignità di chi è costretto a vivere ai margini. Ferdinando Fuga predispose al centro della struttura una piazza quadrata, con un lastricato di pietra lavica disposta in diagonale, nonché una numerazione tale da assicurare la sequenzialità e l’ordine delle sepolture. Anche se tale disquisizione può sembrare argomento macabro, mette in evidenza fatti che solo i reggenti borboni e la nobiltà napoletana poteva convertire in opere di misericordia. Nel secolo successivo la degenerazione umana , le guerre improvvise e soprattutto le carestie e epidemie frequenti, resero critica la gestione del cimitero delle 366 fosse: ancora una volta fu la generosità della nobiltà napoletana o di colui che veniva nella nostra città e se ne innamorava, a mettere a disposizione delle macchine ad argano capaci di risolvere i problemi di collocazione delle salme per i pericoli evidenti di contagio. La ricchezza ha invaso l’umanità dal primo momento in cui ha rappresentato il mezzo per la garanzia del potere, la generosità dell’animo umano le si è contrapposto come unico modo per riequilibrare un sistema, e il popolo napoletano ne è maestro, partendo dai suoi monarchi e dal sangue blu che scorreva nelle loro vene. Oggi c’è solo molto da imparare.


BRUNO RUSSO

Fonte: Bruno Russo
 

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